Descrizione
Roero Riserva Roche D’Ampsej 2015 Matteo Correggia
Nebbiolo 100%
Di colore rosso rubino scarico con sottile venature mattone.
Al naso è esuberante con note di ciliegia e prugna, poi floreale con rosa canina e violetta. Molto bella la finezza di cioccolato e cuoio che insieme ad alcune spezie, come vaniglia, cannella e chiodi di garofano ne chiudono il quadro. Non proprio, perché anche le erbe aromatiche si aggiungono sullo sfondo.
In bocca risulta già equilibrato, infatti i tannini ammorbiditi dalla barrique, sono gentili nel pungere, così l’insieme è piacevole quanto gradevole la bevibilità. Di notevole struttura e con finale lunghissimo.
Altra grandissima interpretazione di Nebbiolo di Matteo Correggia. Non è nessuno dei due innominabili fratelli dall’altra parte del Tanaro. E’ un Roero. Non è migliore o peggiore…è diverso.
Roero Riserva Roche D’Ampsej 2015 Matteo Correggia
Le uve provengono esclusivamente dal vigneto Roche d’Ampsej.
Composizione del terreno: 42% sabbia grossa, 29% limo, 25% sabbia fine, e 5% argilla.
Esposizione solare da est a sud-ovest mentre l’altitudine varia dai 280 ai 315 metri sul livello del mare.
Allevamento: contro spalliera con potatura Guyot
Densità delle viti: 5000 ceppi per ettaro
Resa per ettaro: 40 hl
La vendemmia è manuale ed avviene tra l’inizio e la metà di ottobre.
Svolge la fermentazione alcolica per metà della massa in acciaio per 10-12 giorni e la restante in barili legno da 6 hl tra i 45 e i 60 giorni.
Affinamento: almeno 16 mesi in botti da 6 hl e legni piccoli, e successivamente 2 anni in bottiglia.
“Sulle colline del Roero ogni vigna ha la sua storia raccontata, favoleggiata, tramandata da una generazione all’altra ed ogni vigna ha il “suo” vino, unico e irripetibile come le combinazioni tra uomo, terra e cielo. Volevo che il mio Roero parlasse delle sabbie di questi nostri bricchi; per questo quella cascina abbandonata e quasi sospesa sulle rocche rapì i miei pensieri di viticoltore. Ne cercai la storia e fui affascinato dall’antica e discreta nobiltà di quelle terre da vino, tramandate fin dal 1242 di generazione in generazione, passate nel patrimonio dei Conti Malabalia e dei Roero e quindi in quello di anonimi contadini.
Quando quella terra e quel sogno furono miei, decisi che ci voleva un nome, e lo cercai fra le tante forme dialettali del termine “Pecetto”, richiamanti le “pessere” ovvero il “Pinus silvestris” delle assolate sabbie delle rocche ai confini del vigneto. Scontata la scelta: “Roche d’Ampsej”, forma lessicale tramandata dalla cultura contadina”.