L’acidità: una caratteristica a cui spesso viene attribuita una connotazione negativa quando si parla di alimentazione (anche quando ci si riferisce a delle persone un po’ – come dire – spiacevoli, se ci fate caso). In realtà nell’enologia si tratta di un elemento fondamentale per la denotazione del gusto del vino e, se dosata sapientemente, per conferire carattere e vigore.
Ecco qualche dritta per saperne di più.
Gli acidi presenti nel vino si possono classificare come:
- presenti nel frutto: acido tartarico, acido malico, acido citrico.
- provenienti dalla fermentazione alcolica: acido succinico
- provenienti dalla fermentazione malo-lattica: acido lattico
- che si formano durante l’invecchiamento: acido acetico
L’acido malico proveniente dal frutto dà al vino un sapore acerbo, duro. Questo è il motivo per cui dopo la fermentazione alcolica spesso viene indotta (o parte spontaneamente) la fermentazione malo-lattica operata dai batteri lattici. Impropriamente chiamata fermentazione, perché sotto il profilo metabolico non lo sarebbe, è una conversione che trasforma il duro acido malico nel più morbido acido lattico e anidride carbonica. Scientificamente sarebbe una decarbossilazione che provoca la perdita di una funzione acida del vino. Condizioni necessarie sono una bassa presenza di anidride solforosa, non elevata concentrazione di acidi, alcol etilico inferiore a 15% e il rialzo della temperatura a 20°. Ecco perché anticamente, ignorandone le cause, osservando il vino in primavera tornare a bollire si concluse fosse una fermentazione. Piccole tracce di acido malico comunque rimangono.
La quantità di acido acetico non deve superare per legge il valore di 1 g/L, ma già in quantità di 0,8 g/L rovina indiscutibilmente il sapore del vino: la formazione dell’acido acetico (che non deve essere presente nei mosti) avviene perché le condizioni in cui lavorano i microrganismi non sono favorevoli o per contatto con l’aria. Tuttavia l’acidità dovuta agli altri acidi è un fattore positivo e fondamentale per il vino, perché gli conferiscono una piacevole freschezza al palato. Infatti, la bocca per difendersi dall’attacco degli acidi produce saliva, che è portatrice di molecole sapide ai recettori, e contenendo sodio e carbonato, ha effetto insieme diluente e neutralizzante degli acidi.
L’aumento della salivazione ha anche effetti positivi sul nutrimento, perché invita ed accompagna meglio la degustazione del cibo. Senza dimenticare che gli acidi consentono al vino un affinamento in bottiglia più lungo nel tempo. Ecco perché spesso nelle nostre descrizioni dei vini bianchi, dei vini rossi, degli spumanti, degli champagne e dei vini dolci, l’acidità la osserviamo e la valutiamo con molta attenzione.
L’acidità si divide in:
- acidità volatile: l’acidità dovuta all’acido acetico che ha la possibilità di liberarsi volatilizzandosi
- acidità fissa: l’acidità dovuta a tutti gli altri acidi che non si disperdono durante la vita di un vino (altobollenti, non allontanabili per distillazione semplice)
- acidità totale: somma dell’acidità volatile e dell’acidità fissa (i valori normali sono compresi fra 4,5 e 15 g/L)
Nella determinazione dell’acidità totale il valore viene espresso convenzionalmente come grammi di acido tartarico per litro di vino, ossia tutti gli acidi che abbiamo visto vengono assimilati all’acido tartarico, ovvero vengono calcolati come se fossero acido tartarico.