Il Roero e i suoi segreti
Narrazione di un viaggio e pensieri, andando per cantine
Quando racconto dei miei vagabondaggi a selezionare nuove cantine da inserire nella nostra vetrina, in genere il commento degli amici è d’invidia. Ciò che non viene considerato è proprio il rapporto di vini buoni, su quelli appena passabili, dozzinali o persino con difetti, che dobbiamo assaggiare e valutare. Parte del nostro lavoro è proprio quello di ricerca di talenti inesplorati. Non sempre i tentativi sono felici, anzi è proprio il contrario, in genere ogni dieci cantine assaggiate, ne selezioniamo una o due. Talvolta nemmeno quella.
Ecco tutta quella parte ve la risparmiamo, perché quel che troverete nella vetrina del sito è già una prima e fondamentale selezione.
Il Roero, terra antica di tradizione vitivinicola, non può essere scartato e merita la nostra attenzione.
A Vezza d’Alba c’è una valle plasmata dalla natura ad anfiteatro, coni vigneti invece che gli spalti, e in basso al centro, dove nei teatri greci c’era il palcoscenico, si erge la cascina Valmenera, corpo centrale dell’Antica Cascina dei Conti di Roero.
Fu acquistata dal Nonno di Daniela nei primi anni ’50 insieme a separati terreni nei comuni di Canale e Monteu Roero. Non era pratica per le aziende agricole del tempo concentrarsi esclusivamente su di una coltura, perché la terra doveva dare frutti e sostentamenti per tutto l’anno. Almeno questo era il sapere diffuso ereditato da tradizioni contadine, le cui radici si perdevano nella notte dei tempi. Lo santificò anche Elda, la madre di Cristiano, un mio amico tra quelli più vicini al mio cuore, una sera davanti al suo titanico camino, mentre tentavo di convincerla (inutilmente) a piantare in tutti i suoi campi solo la vite. Elda proveniva da generazioni di contadini senza nome, in un tempo che sembrava non mutare mai. Dopo la semina, segue il raccolto, e a quello la pausa rigenerativa del terreno. Nello stesso identico modo dell’anno prima, nei secoli dei secoli fino a che la memoria ne smarriva traccia.
Tutto cambia però. Nulla è eterno.
Negli anni ’70 i frutti furono maturi, per convertire l’azienda in cantina, avendo scelto la vite come sua ragione di sussistenza e di vita.
Il corpo dei vigneti nel tempo è lentamente ma gradualmente aumentato, con la prima acquisizione, proprio nel 1998, della Cascina Penna a Canale. La menzione geografica è quella prestigiosa dello Sru, dove i terreni sono meno sabbiosi e più calcarei e argillosi. Da queste vigne è appena, sul mercato un nuovo vino
Gli anni 90 sono per loro quelli della svolta. Proprio nel 1998 Daniela sposa Gigi, dopo un lunghissimo fidanzamento, ed entrano a tutti gli effetti in organico alla cantina. Quando si dice sposati per la vita. Condividono ogni scelta aziendale, pur rispettando i rispettivi campi di operatività. Prima di quel giorno Gigi aveva studiato agraria con sviluppo enologico a Grinzane Cavour, facendo pratica nella cantina del padre. Insomma, le loro famiglie coltivano la terra da generazioni.
La maniera migliore per parlare dei vini di Daniela e Gigi, è quello di raccontare di loro, della loro educazione, gentilezza, disponibilità e soprattutto Umiltà e Competenza.
Ecco i loro vini sono proprio così.
I bianchi si mostrano puliti e gentili, inizialmente riservati, si avvicinano al palato quasi avendo il timore di disturbare, è un istante, un frammento di secondo, poi si liberano le sagole, i velacci sbandierano al vento, e si riempie il bicchiere di profumi sorprendenti, che mi riportano in quella “mulattiera di mare”. Per esplodere al palato con una mineralità così tersa, da essere definita per antonomasia.
La Favorita è un vitigno curioso, fratello gemello del Vermentino, è giunto in Piemonte seguendo la via delle acciughe, ed ha trovato diversi luoghi dove stabilirsi e crescere. Nel Roero gli piace essere diverso, così la frutta diventa esotica, alla quale si aggiungono profumi di fiori e di pietre. Al palato la mineralità è ciò che lo distingue, da tanti vini italiani privi di personalità.
L’Arneis è l’altro vitigno a bacca bianca coltivato. Anch’esso autoctono, dal 2018 esce con la menzione aggiuntiva “ Di Vezza d’Alba”, proprio perché le uve sono tutte coltivate nel comune di Vezza. Ma oltre alla provenienza, ciò che conta è il vino: fresco e variegato il bouquet, quanto minerale ed espressivo il palato. Arriva a sorprendere, per come sa rendere leggero il complesso. Senza trascurare, che se vinificato correttamente, L’arneis è un vino che ha ottime capacità di invecchiare migliorando. Dopo qualche anno esprime anche al naso la mineralità del palato giovanile, lasciando percepire meravigliose sensazioni di grafite e polvere da sparo.
I rossi hanno un equilibrio e un’estensione delle loro capacità davvero notevoli. Sono classici, perché la varietà non si cela, ma al contrario emerge ben distinta, e allo stesso moderni, perché il frutto è croccante e scrupolosamente pulito, mentre il palato voluminoso e ben strutturato.
Anche per i vitigni a bacca rossa vi racconto di due vitigni autoctoni: la Barbera e il Nebbiolo.
La Barbera è disarmante. Dotata di profumi ricchi e ben disegnati, sfaccettati e intriganti. Al palato con l’endemica acidità del vitigno, si allea la mineralità elargita dal suolo, per un vino dall’ottima struttura. Per trovare l’equilibrio, sfoggia cremosità e morbidezze in genere, più che adeguate. Va sul mercato con un anno di ritardo rispetto a tutte le barbere “semplici”, giusto per distinguerle dalle Superiori, che normalmente fanno un passaggio in legno più lungo, ed escono anche tre o quattro anni dopo la vendemmia. L’indugio ad arrivare al consumatore la premia sotto ogni aspetto della valutazione, e infine in quella complessiva.
Il Nebbiolo è l’eleganza. Certo, il nebbiolo nella zona del Roero si esprime così, preferendo la finezza alla potenza, ma nel caso particolare è da sottolineare con doppia riga. Profumi intensi e distinti, carezzevoli e invitanti, lasciano spazio ad un sorso pieno, ma invece che ispido per il tannini forzuti, setoso ed avvolgente. Ci sono molti Roero, anche riserva, che nemmeno si avvicinano a questo Nebbiolo.
Il Roero Riserva Vigna Sant’Anna 2015. Ho passato del tempo a decidere come definirlo, se è vero che definire una cosa significa dargli valore. Sotto un altro punto di vista definire significa porre dei limiti, quindi necessariamente escludere qualcosa, che sta al di là del limite, ma inevitabilmente ci confina. Dire che un vino è buono, significa non soltanto che non è cattivo, ma contemporaneamente che non è ottimo, eccelso eccezionale. Dicendo che è buono gli ho dato dei limiti, in un senso e nell’altro.
Accettando la sfida di usare una sola parola, direi: incompreso.
Nella storia dell’arte spesso è accaduto, che gli incompresi lo fossero perché anticipavano i tempi e il gusto estetico della massa. Il caso del Roero Vigna sant’Anna è senza alcuna spiegazione logica.
È un capolavoro. E nessuno lo sa.
Proviene esclusivamente dalla sommità di un vigneto, dove per via della pendenza, tutte le lavorazioni sono svolte a mano. I ceppi sono stati piantati nel 1954, di conseguenza hanno quasi 70 anni. Il suolo sabbioso e Calcareo, insieme alla vigna vecchia, sul bricco di un pendio, dove insolazione e arieggiamento degli acini sono ottimali, Il Gigi Agronomo, concede alle mani di Gigi enologo un frutto perfetto. Poi c’è il suo sapiente lavoro in cantina. Fatto di attenzione, di amorevole cura, di sguardi in tralice quando non maturano come dovrebbero, e di quelli compiaciuti quando imparano bene. Di dialoghi segreti con le botti, che abbracciano le sue creature, ma prima di tutto di conoscenza.
Per fare un grande vino serve uva perfetta, questo mantra lo sentiamo ripetere in ogni angolo del mondo, ma in realtà uva perfetta non equivale a vino perfetto. Perché chi lavora in cantina, può anche rovinare tutto quello costruito sul campo. Credetemi , non è così raro che anche grandi enologi sbaglino per così dire “l’annata”. Figuriamoci i giovani e poco esperti.
Adoro il Nebbiolo in tutte le sue declinazioni, non esito a considerarlo il miglior vitigno rosso al mondo, al pari del Pinot Nero, per questo vi dico, che un Nebbiolo, quando è fatto bene è un grande vino, ma quando arriva a mostrare l’acciuga sotto sale oppure la menta, diventa grandissimo. Purtroppo capita molto raramente, anche per questo sono profumi giustamente apprezzati dagli appassionati. Ebbene, otre a tutto il resto, tralasciando il sontuoso profilo olfattivo, il palato ricco, avvolgente, equilibrato e molto persistente, ciò che provoca assuefazione è il latente profumo di menta, che costella il bicchiere. Lo riscrivo, un capolavoro da 93-94 punti su 100. Non meno di questo, considerando che è facile prevedere un futuro di miglioramenti ulteriori.
In buona sostanza avete la possibilità di avere un Barolo, Barbaresco, Roero, Boca, Valtellina etc, di alta fascia qualitativa, al prezzo di un Langhe Nebbiolo di buona qualità.
Non resta che la conclusione, con i commenti finali.
Capita, delle volte capita, che le parole, invece che aiutare a capirsi, dividano. Naturalmente non è colpa loro, le parole non hanno intenzioni, o scopi, ma sempre dell’uso che ne fa l’uomo.
Invece che dilungarmi, concludo riassumendo i vini dell’Antica Cascina dei Conti di Roero in poche parole.
Semplici eppure complessi.
Suadenti nondimeno algenti
Garbati e adorabilmente provocanti
Fabrizio Buoli
Wineilvino.it