Anche oggi siamo presenti alla manifestazione #youngtoyoung17, dove giovani produttori incontrano giovani consumatori. Noi che scriviamo, non siamo che il mezzo, attraverso la quale si conosceranno.
E allora conosciamoli…
Torre degli Alberi
Iniziamo con l’azienda Torre degli alberi di Ruino in provincia di Pavia. Siamo nella denominazione dell’Oltrepò Pavese, nella terra d’elezione per il Pinot Nero. In queste colline il Pinot Nero è coltivato da moltissimi anni. Purtroppo in passato lo si usava principalmente per produrre quel frizzantino, senza infamia e senza lode, che ha invaso le tavole degli italiani nel secolo scorso. Era come avere un cavallo di razza per fargli fare le fotografie con i bambini. Negli ultimi anni diversi giovani produttori hanno ridato lustro e fama a tutta la denominazione producendo degli ottimi metodo classico.
L’azienda Torre degli alberi è condotta in regime biologico, non è esclusivamente vinicola, ma alleva polli e bovini. La produzione dei polli, o meglio dei pulcini, ha nella qualità un valore assoluto. Naturalmente esportano pulcini in tutto il mondo, ma non in Italia.
L’azienda ora è seguita dal giovane conte Giulio Dal Verme, che una volta laureatosi in veterinaria ha deciso di seguire in prima persona Torre degli Alberi.
I vigneti sono a 500 mslm, così che la vendemmia normalmente inizia circa un mese dopo la zona di Casteggio. Non usano diserbanti, praticano il normale inerbimento tra i filari, e concimano con letame prodotto in azienda. Il terreno è argilloso con notevole presenza di calcare.
Anidride Solforosa totale 35 mg/l. Ricordiamo che il limite massimo per i vini biologici è di 150 mg/l.
Oltrepò Pavese Dosaggio Zero 2013
100% Pinot Nero
Colore giallo paglierino.
Al naso spiccano i fiori di campo selvatici, quelli dal profumo delicato. Seguono gli agrumi dal colare giallo, la pesca bianca e alcuni tratti di erbe aromatiche.
Al palato la percezione della carbonica è fine. La mineralità si estende così tanto da spiccare anche sulla pur ottima acidità. Tornano gli agrumi in deglutizione. Decisamente piacevole. Ottima la persistenza.
Non posso che fare i complimenti a Giulio e a chi collabora con lui. Questo Oltrepò Pavese mi piace proprio tanto.
Le Potazzine
Potazzine in ilcinese significa cinciallegre e si usa affettuosamente per indicare le bambine quando sono piccole. Almeno così chiamava Viola e Sofia la loro nonna. Nel 1993 nasce Viola ed insieme a lei la Cantina. Insieme alla cantina si comprano anche due ettari di vigna. Nel 1996 nasce Sofia e Giuseppe Gorelli e Gigliola Giannetti, genitori delle “Potazzine,” comprano altri vigneti per arrivare ai 5 ettari attuali. Finiti i percorsi scolastici le due sorelle tornano a Montalcino e si dedicano con passione alla produzione del vino.
Conducono il vigneto seguendo le regole della coltivazione biologica, per la fermentazione alcolica usano i lieviti indigeni che crescono naturalmente sulle bucce delle uve. Effettuano un lunga macerazione, e poi l’affinamento avviene in botti di rovere di Slavonia da 30 e 50 ettolitri, costruite da Garbellotto.
Il Brunello resta nelle botti per almeno 40 mesi, Mentre la riserva esce solo nelle annate giudicate davvero speciali. In 25 anni sono state solo 4: 2004, 2006, 2011 e 2015. La 2010 non è stata un’annata speciale per loro, ed infatti non hanno prodotto la riserva.
Brunello di Montalcino 2012
Rosso rubino, con zone di minor spessore di colore granata.
Al naso è pulito, preciso, con profumi di ciliegia, frutti di bosco, rosa appassita e scorza d’arancia. Anche alcuni sentori che ricordano tutta una gamma di smalti aumentano il numero e la qualità dell’insieme.
Al palato non ha sbavature, ma al contrario colpisce. Perfettamente in equilibrio tra morbidezze e durezze, ha nella mineralità un fedele alfiere a difesa della piacevolezza di beva. Tornano gli smalti percepiti al naso per un finale in crescendo.
Anche nel 2012 non hanno dichiarato la Riserva, eppure questo Brunello è proprio un grande vino.
La Giuva
Ed infine eccoci ad assaggiare l’amarone dell’azienda La Giuva. E’ inutile negarlo, ero partito di buon mattino da Seriate, con il randello nascosto dietro la schiena. Ero pronto a bastonare. Amo chi il vino lo fa davvero. Chi va in vigna, chi si sporca le mani mentre travasa il vino e che poi si dedica alle vendite. Perché il loro vino non solo è vivo, ma ha un’anima, che è lo specchio di chi lo produce. Se poi vogliamo aggiungere che l’Amarone non è di certo tra i miei vini preferiti, dalla clava erano spuntati dei chiodi affilati.
La Giuva è l’azienda che Alberto Malesani, l’allenatore di calcio, ha creato insieme alle sue due figlie, Giulia e Valentina. “La” sono le prime lettere di Alberto al contrario, mentre “Giu” sta per Giulia e Va per Valentina. In un periodo di pausa del suo mestiere principale ha comprato un podere a Trezzolano, piccolo insediamento dell’alta Val Squaranto. Alberto è proprio veronese, e Trezzolano è vicino a dove è cresciuto. I terreni sono fortemente calcarei ed hanno scelto di impiantare i vigneti con esposizione al contrario della classica, a nord. Niente Cabernet Sauvignon e Merlot, ma solo i classici della Valpolicella: Corvina, Corvinone, Rondinella e 7% di Oseleta. La coltivazione è in regime rigorosamente biologico.
Il loro enologo si chiama Lorenzo e di cognome fa Caramazza. Lorenzo ha aderito fin dal principio all’idea, quindi la sua non è una semplice consulenza. E’ condivisione.
Pensavo che avremmo assaggiato l’ennesimo esempio di Amarone mega morbido, e super “colorato”, disegnato al tecnigrafo dai novelli alchimisti. Quanto mi sbagliavo…
Amarone della Valpolicella 2012
Colore rosso rubino intenso.
Al naso è strepitoso. Potente ed estremamente elegante. Non ci credo. Avvicino e allontano il naso. Tutti miei sensi tacciono per concentrarmi sui profumi. Netta la ciliegia sotto spirito, seguita dal cacao e dal cioccolato. Il bastoncino di liquirizia, quello da succhiare lentamente sale sul palco per non scenderne più. Con lui anche le radici, la corteccia della china, e la terra asciutta. Torno a considerare l’estrema eleganza dell’insieme.
Inizio a sorridere.
Al palato si conferma, no si esalta. Certo sbilanciato sulle morbidezze, non potrebbe essere un Amarone altrimenti, ma teso e con mineralità ed acidità sorprendenti. Naturale la lunga persistenza.
Un grandissimo vino.
Sul loro sito c’è una frase per descrivere la loro azienda:
“Non ha un’antica tradizione produttiva alle spalle ma vanta la volontà di farsi conoscere per la qualità del vino che produce.”
E’ proprio così.
Devo ringraziare Alberto, Giulia, Valentina e Lorenzo per avermi ricordato che non so niente. Dopo trentanni di esperienza alle volte dimentico che sto ancora imparando. Pensare, che ci sono persone, che assaggiano vini da quattro anni e sono convinti di sapere tutto.
Fabrizio Buoli
Un ringraziamento particolare devo farlo anche al fotografo Fabio, che mi ha assistito mirabilmente.